Itinerari termali
- Lago Specchio di Venere (“u vagnu”): la leggenda narra di Venere, dea della bellezza, la quale soleva specchiarsi nel lago, prima dei suoi incontri amorosi con bacco che, anche per il buon vino, aveva scelto l’isola come sua dimora preferita. E’ un lago endoreico, cioè un lago dove l’uscita dell’acqua avviene per evaporazione e non attraverso un emissario. Le sorgenti termali rappresentano la principale fonte di alimentazione del lago, cui contribuisce anche l’apporto meteorico. Il lago è il luogo in cui si ha la massima depressione dell’isola (+2 mt.); è separato dal mare da un istmo largo circa 450 mt. E’ alto 35 mt.; è quello che rimane del primo collasso calderico. Caldera: lava eruttata (acido esplosivo), il vulcano cede sotto il suo stesso peso e sprofonda (depressione); è alimentato da acque meterioriche e da sorgenti termali dette “i quadareddri” (da 34 a 43 gradi). Il diametro del lago è di metri 450 (610) dal lato nord-sud è di 350 (424) metri dal lato est-ovest; il perimetro è di 1.850 metri e la profondità massima è di 12 metri. Le sue sponde con acqua sulfurea sono costituite da fanghi (odore di zolfo) con proprietà terapeutiche (soda) e cosmetiche, dove la dea Venere soleva ritemprarsi. L’acqua (temperatura dai 18 ai 56 gradi) (famosissima presso gli antichi in quanto favoriva la fecondità) è molto alcalina, in quanto contiene carbonato potassico disciolto, e deposita sulle sponde (dove sono presenti i giunchi) detto carbonato, in quantità tale che le nonne andavano a lavarsi la biancheria. Le sue acque emettono delle bolle, dovute alla ricchezza di anidride carbonica proveniente dall’attività vulcanica del sottosuolo. Affiora un fango nero-verdastro che può essere utilizzato per uso terapeutico contro artrosi e dolori ossei mentre, spalmato sul corpo e lasciato asciugare completamente, è consigliato per un “peeling” (elimina le cellule morte, trattamento per migliorare e levigare l’aspetto della cute) della pelle. E’ una sorta di spa a cielo aperto e di notte è incantevole osservare le stelle mentre si è comodamente sdraiati dento le vasche di acque termali calde. Visitare il tempio punico-romano: dà l’idea di una struttura porticata di notevole consistenza e di una gradinata di accesso al santuario rupestre ancora da scavare. Al lago veniva fatta la corsa dei cavalli.
- Nikà: nella sorgente più importante che sgorga dal fondo del mare nell’insenatura sotto il costone, la temperatura dell’acqua si aggira tra gli 85 e i 100 gradi.;
- gadir; vasche naturali di acqua termale calda e benefica (38-50 gradi), ricca di sali minerali e dalle indubbie proprietà teraupetiche dovute ad una modesta radioattività, vengono sfruttate per alleviare i dolori reumatici e le artriti e per la cura di alcune dermatiti. E’ molto rilassante e romantico andare di notte, il massimo si ha si vi è la luna piena. Furono i Fenici che cominciarono ad apprezzare le qualità terapeutiche di queste acque. Recenti studi, inoltre, hanno stabilito l’esistenza di un probabile stabilimento termale che è stato coperto da un crollo di origine vulcanica. Le piccole vasche esistenti scavate nella roccia, si dice che siano i resti dell’antico impianto. Le sorgenti seguono un percorso che dall’alto scende verso il mare e le acque vengono catturate in queste piccole vasche.
- Grotta benikulà o bagno asciutto o di Vedinicolao (vapore acqueo a 38 gradi; utile per curare i dolori reumatici e per eliminare le tossine e le impurità).
Giro dell’isola in barca
Le coste sono come dei ricami, come dei merletti, frastagliate…il nero, giallo e rosso delle colate laviche che si gettano nel mare cristallino, le innumerevoli grotte e le spiaggette di ciottoli, le splendide insenature che accolgono i piccoli porticcioli dei pescatori. I fondali, tra i più ricchi del mediterraneo, consentono a subacquei esperti e semplici amanti del mare di arricchire la propria vacanza sull’isola immergendosi tra le rigogliose praterie di posidonie, gorgonie e di varie specie di fauna ittica. Frequentatori abituali di queste acque sono anche gruppi di cetacei come la balena pilota, delfini e trigoni.
Altri itinerari
Montagna grande mt. 836 area pic-nic e grotta dei briganti (storia vera durata tre anni, che ha coinvolto alcuni giovanissimi innocenti e ha fatto vivere ai panteschi un periodo di paura. Tutto cominciò con l’uccisione di Don Fortunto Ribera, comandante della guardia nazionale la sera del 17/8/1860 e l’accusa dei suoi 4 nipoti da parte dell’opinione pubblica, in quanto zio e nipoti erano in lite per questioni di eredità. I giovani accusati, sentendosi ricercati, si diedero alla fuga. Ad essi si unirono altri giovani che, chiamati alla leva militare, spaventati perché non abituati ad assolvere tale dovere imposto dal nuovo Regno d’Italia, preferirono disertare, in attesa della paventata restaurazione borbonica. Così il gruppo di circa quindici giovani cominciò a vagare per le campagne, pernottando in grotte, lontane dalle loro case. Vivevano mantenuti da amici e conoscenti, ma più passava il tempo, più le difficoltà li incrudelivano, specialmente contro chi non li aiutava o faceva la spia alla forza pubblica. Commisero, pertanto, alcuni omicidi e la gente cominciò a chiamarli briganti. Le cose non potevano più andare avanti, tanto che fu deciso dal colonnello delle forze armate in collaborazione con una parte della popolazione maschile di effettuare una ricerca sistematica per scovare i briganti. Così fu fatto. Divisi in quattro squadre, circa mille uomini si diressero nelle zone interne dell’isola, alla ricerca di quei disperati, che ormai costituivano pericolo per tutti. Ma, avrebbero cercato invano, se un capraio, che giorni prima aveva indicato un nascondiglio ai briganti, non avesse parlato. Infatti, era impossibile trovarli nella grotta sita nel versante sud della montagna grande. A seguito di tale indicazione, i gendarmi minacciarono dall’alto che avrebbero fatto esplodere la zona e i briganti si arresero. Ammanettati, furono condotti al castello, “passando tutti laceri, barbuti, capelluti, irti e smunti, per la piazza cavour, rullante il tamburo, precedentemente spiegato il tricolore e accalcantesi ai lati spettatrice gran folla, commossa in parte fino alle lacrime”. La conclusione di questa storia fu penosa, in quanto furono poi giustiziati quasi tutti a villa Margherita a Trapani. A ricordarla rimane la grotta che da quel giorno fu chiamata Grotta dei Briganti);