La flora prevalente a Pantelleria è così rappresentata:
- Bosco sempreverde: pini marittimi (“zappino”, aghi di un verde molto scuro, pungenti e lunghi) e pini lecci (“balluto”) (montagna grande e gibele e cuddia attalora) pino d’aleppo (“deda”);
- Macchia mediterranea foresta: erica multiforme chiamata “scappucino”, arbusti, lentisco, corbezzolo, ginestra selvatica (khaggiar);
- Gariga (degradazione della macchia foresta): finocchio selvatico, rosmarino, origano, menta, papavero, cardi, timo (sateria, sciuvechi);
- Steppa mediterranea : graminacee (arenella, bue marino, punta tre pietre).
Lungo il margine sterno del lago di Venere è localizzata l’unica stazione europea che vede riunite tre specie vegetali rare: lo zigolo levigato, la lisca costiera e il limonio densissimo (specie endemica puntiforme).
Funghi:
- “lactarius deliciosus” in dialetto “funcia raviulonza”;
- “baletus granulatus” ossia “funcia vavusa”;
- “lactarius sanguiflus” ossia “funcia stagnasango”;
- “pratella campestre” ossia “funcia di stinco”.
L’uva è arrivata dalla Mesopotamia e la vendemmia inizia a metà agosto. Parigi, 24/11/2014: i 161 paesi membri dell’Unesco hanno riconosciuto all’unanimità, la lavorazione dell’uva zibibbo di Pantelleria come patrimonio dell’umanità.
Il cappero è raccolto da fine maggio a fine agosto. Si raccolgono i boccioli prima che fioriscano. Messi in salamoia per alcune settimane, i capperi vengono scolati e sono pronti per essere consumati. Le olive a novembre. Potature basse per proteggerli dal vento.
Una testimonianza di agricoltura difficile ed eroica, insieme alla coltura della vite ad alberello, è quella dei Capperi di Pantelleria.
Il Cappero Pantesco si distingue dagli altri per l’intensità dei profumi, per il suo gusto spiccato così caratteristico e tipico che l’Europa gli ha assegnato il marchio IGP. Forse non tutti sanno che quello che noi mangiamo non è il frutto della pianta del Cappero bensì il bottone fiorale, il fiore non ancora sbocciato, il cosiddetto bocciolo. La pianta di Cappero è un alberello che, dalla primavera all’autunno, produce i capperi lungo i propri rami che possono raggiungere anche i due metri di lunghezza. Per questo, nei cappereti, terreni dove si coltivano i capperi, le piante sono disposte ad una certa distanza l’una dall’altra. La pianta del cappero è anche una pianta spontanea grazie alla semenza che, essendo molto piccola, viene trascinata dal vento per tutta l’isola. Questi semi trovano un terreno particolarmente fertile nei muri a secco di cui l’isola di Pantelleria è piena. La pianta del cappero necessita di un tempo di circa tre anni per poter entrare in fioritura e non ha bisogno cure particolari. La raccolta del cappero è una raccolta di tipo scalare: i rami del cappero si allungano, da Maggio ad Settembre, ogni giorno e quindi man mano che crescono, in punta, producono dei fiori che, prima di diventare tali, vengono raccolti. Se non viene raccolto il cappero cresce, viene chiamato sfogliato, fino a diventare fiore. Una volta che il fiore sboccia, dal fiore stesso nasce il frutto, quello che qui viene chiamato cucuncio. Il frutto, il cucuncio quindi, porta la semenza che serve a garantire la sopravvivenza della specie. La raccolta dei Capperi di Pantelleria è una delle più faticose perché è praticata in terreni non facili, scoscesi, sassosi. La raccolta del cappero non necessità di grande manualità, basta non rompere la punta del ramo che è quella che poi dovrà produrre altri capperi. L’esperienza ovviamente porta ad una maggiore velocità di raccolta. Sia il Cappero che il Cucuncio, appena raccolti, non si possono mangiare perchè sono molto amari e piccanti. Da qui inizia il procedimento che porta a far maturare questi prodotti attraverso l’utilizzo del sale marino. Una volta che il contadino finisce il proprio lavoro di raccolta, egli mette i Capperi in dei tini dove da inizio alla fase successiva che è la salagione perché, lo ripetiamo, fino a questo momento i capperi non sono commestibili perché parecchio amari. In questo momento il cappero inizia la sua trasformazione che avviene attraverso l’utilizzo del sale marino in una percentuale indicativa pari al 40%. Con questa aggiunta di sale si va a formare, per un processo di osmosi, una salamoia densa. Il cappero rimane per 10 giorni in questa salamoia e quotidianamente viene rimescolato. Dopo 10 giorni viene fatta un’altra salatura per una percentuale indicativa del 20% che da inizio ad una fermentazione di tipo malolattico: l’acido malico che conferiva al cappero tutte quelle sensazioni sgradevoli viene trasformato in acido lattico. Questa salatura dura altri 10 giorni. Anche il calibro del sale è importante, se troppo fino si scioglie subito, se troppo grosso può danneggiare il cappero stesso, si sceglie pertanto un calibro medio. Alla fine dei 20 giorni i capperi sono maturi, sono quindi commestibili e sprigionano tutti quei profumi della terra vulcanica di Pantelleria. Qui termina il lavoro dell’agricoltore: dopo la seconda salatura porta i capperi di Pantelleria nelle aziende per poter essere confezionati o utilizzati per produrre paté.
Altri prodotti tipici sono le lenticchie, i fagioli, in dialetto “lubbia nostra”, le pesche, i fichi, i fichi d’india (“i bastarduni” sono particolarmente succosi e dolci), i gelsi e gli agrumi.